“Più di un milione di persone vive in una situazione disperata”

Fonte: FSSPX Attualità

Mons. Tesfaselassie Medhin

Mgr Tesfaselassie Medhin, évêque de l’éparchie catholique d’Adigrat (Ethiopie), a envoyé une lettre à l’agence Fides dans laquelle il met en garde contre le fait que l’augmentation des conflits dans le monde fait tomber dans l’oubli la guerre dans la région du Tigré, en Ethiopie, qui fait des ravages et des destructions depuis presque trois ans.

Mons. Tesfaselassie Medhin, vescovo dell'Eparchia cattolica di Adigrat (Etiopia), ha inviato a Fides una lettera in cui avverte che l'aumento dei conflitti nel mondo sta facendo cadere nell'oblio la guerra nella regione del Tigray in Etiopia, che provoca caos e distruzione da quasi tre anni.

"Il nostro ordine mondiale sembra aver bisogno di una seria trasformazione altrimenti le conseguenze continueranno a colpire sempre di più le persone più fragili che saranno le prime a perdere", afferma mons. Medhin, che aggiunge:

"E’ veramente triste assistere agli scenari di guerra che si stanno acuendo e peggiorando in tutto il mondo – prosegue. Ora che i riflettori sono puntati prevalentemente sulla crisi in Medio Oriente non vogliamo che il Tigray rimanga dimenticato mentre la popolazione muore nel corso di una guerra che è in atto da quasi tre anni nella regione settentrionale dell’Etiopia."

Nonostante l’accordo di pace firmato a Pretoria nel novembre 2022, molteplici cause hanno portato a una grave crisi umanitaria. Blocchi di accessibilità e aiuti umanitari, occupazione del Tigray da parte di forze straniere, soluzioni politiche bloccate, impatto della crescente siccità causata dai cambiamenti climatici, scarso accesso a risorse come acqua e sistemi di irrigazione, sono alcune delle situazioni precarie evidenziate dall’eparca.

"La nostra popolazione sta vivendo una vita estremamente difficile nel Tigray. Ben oltre un milione di persone (anziani, donne, bambini) vivono in situazioni disastrose dall’inizio della guerra nel 2020 in tende ed edifici scolastici improvvisati", riferisce Medhin. Sono morte più di un milione di persone.

Il conflitto ha avuto un impatto devastante sulle infrastrutture agricole, compresi i sistemi di irrigazione, le fattorie e il bestiame. "Ciò ha sconvolto le già precarie pratiche agricole, con conseguente diminuzione della produzione agricola e ulteriore esacerbazione dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione", insiste il vescovo di Adigrat, che fornisce maggiori dettagli sulla situazione nel Tigray.

"Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case e ad abbandonare le fattorie, lasciando la terra incolta aggravata dalle condizioni di siccità. Molti agricoltori sono stati sfollati dalle loro terre, rendendo loro impossibile continuare le loro attività agricole. Le infrastrutture idriche, come pozzi, serbatoi e sistemi di irrigazione, sono state danneggiate o distrutte durante il conflitto, interrompendo così l’approvvigionamento idrico per le pratiche agricole e il consumo umano".

"La distruzione delle foreste e della vegetazione aggrava la situazione di siccità riducendo la ritenzione idrica e la ricarica delle falde acquifere. Il nostro ufficio di coordinamento diocesano con i suoi partner internazionali sta cercando di riparare i sistemi idrici, le fonti d'acqua e distribuire l'acqua tramite veicoli". Mons. Medhin insiste sul fatto che sono le popolazioni a soffrire di più:

"È terribile che a subire sia la popolazione povera, schiacciata dalla guerra, priva di aiuti alimentari. Le conseguenze di questo conflitto armato hanno esacerbato le già precarie condizioni di siccità, determinando un aumento dell’insicurezza alimentare, della malnutrizione, della mancanza di medicine e della scarsità d’acqua. Affrontare sia il conflitto che la siccità è fondamentale per salvare vite umane, ricostruire la regione, ripristinare l’agricoltura e garantire il benessere della popolazione colpita."

Mons. Medhin conclude che se alcune misure non verranno attuate immediatamente, la pace resta minacciata. Chiede che l'accordo di pace di Pretoria venga pienamente attuato: che le forze occupanti lascino il Tigray, che sia garantito l'accesso stradale a tutti i distretti, che i milioni di sfollati ritornino alle loro case e che siano ripristinati gli aiuti alimentari umanitari.

Conclude: "La comunità internazionale deve uscire dal silenzio – conclude – continuano a morire migliaia di persone. Nel Paese dilagano violenza e scontri anche in altre regioni dell’Etiopia, e la popolazione sofferente ovunque ha bisogno di pace, cibo, servizi di base, giustizia".